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Forse sarete sorpresi nel sapere che, malgrado le innumerevoli teorie , mai nessuno sia riuscito a dare una spiegazione razionale al sogno. Mi piace pensare con Auden che possiamo apprendere dai sogni quello che ignoriamo.

Ma allora i sogni sono premonitori o conseguenza dei fatti della nostra vita? Banalmente possiamo fare delle considerazioni, che però non sono da “codificare”. Se ci avviciniamo al sonno in una situazione d’eccesso di cibo o d’alcol, è possibile dormire profondamente ma, se sogniamo, saranno sicuramente sogni agitati… incubi. Si può affermare che nella maggior parte dei casi l’incubo sia conseguenza di qualche alterazione biologica che rimane nel nostro subconscio e si ripresenta nello stato onirico. Una bella frase che non spiega niente!

Mi capita ancor oggi, a distanza di oltre due lustri, d’essere stravolto, durante il sonno, dall’ansia di dover dare gli esami. Quelli dell’università? No quelli no, erano programmabili, bensì quelli di maturità. Indubbiamente sono una prova che comporta una preparazione “enciclopedica” che rimane nella vita come bagaglio di cultura, ma spesso anche come incubo indelebile, quindi ricorrente. Quello che non so dire è quale stato mentale pre-sonno possa essere la causa potenziale di questo incubo.

Curiosa un’altra testimonianza, sempre personale. Se ho la febbre, quasi sempre c’è  un incubo noioso, perché è sempre lo stesso. Sono in un ascensore di una casa con 8 piani, spingo il pulsante del quarto piano, ma l’ascensore prosegue e quando passa l’ottavo piano mi trovo per terra. Sì, cado dal letto!

Un altro elemento frequente in molti dei nostri sogni è l’amnesia, non li ricordiamo. Anche qui c’è la teoria freudiana secondo la quale l’amnesia è un modo per proteggerci dalle immagini sconcertanti e dai desideri imbarazzanti che rivelano. Ma è subito smentito da Jung, con la sua teoria che i sogni ci permettono di comprendere i nostri desideri più intimi e, conseguentemente, di soddisfarli nella realtà.

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“La vita e i sogni – dice Schopenhauer – sono pagine di uno stesso libro”. Da sempre, nelle più diverse geografie simboliche, il confine fra la vita cosciente e il sogno, l’esistenza onirica, è un confine che appare labile, a tal punto da considerare lo stato di veglia semplicemente come un sogno dell’uomo. Forse per questo si è poi avvertita la necessità di contrapporre drasticamente veglia e sonno come, ad esempio, fa Aristotele, guardando al sonno ed al sogno come a una vita diminuita, ridotta a una sorta di morte in vita. Così Platone, per bocca di Socrate, parla della morte come di “unico sonno senza sogni”. C’è dunque un’inquietante vicinanza fra Hypnos – il sonno – e Thanatos – la morte – che appaiono diversi solo per durata. Anche il Cristianesimo sembra gettare un certo sospetto sul sonno, dando valore alla veglia come disposizione alla vigile attenzione e all’attesa. Cristo, nell’Orto degli Ulivi, rimprovera i discepoli che si sono abbandonati al sonno, che non hanno saputo vegliare con lui. Le cose non cambiano entrando nella Modernità. Il sonno e il sogno, prima dell’audace esplorazione freudiana, restano il negativo della vita umana, la sua ombra. “Il sonno della ragione genera mostri”, è stato detto. Ma anche le sue veglie, anche l’insonnia della ragione può partorire creature deformi. Forse sonno e veglia devono restare un’unica cosa; forse l’uomo, stordito, smarrito, non può che continuare a chiedersi, di fronte all’inestricabile ordito del mondo e della storia, se sogna oppure è desto.

Non mi addentro nella “cabala” interpretativa dei sogni, perché questo scritto vuole solo essere l’espressione di una constatazione reale e non fantasiosa. Però, per un lunghissimo periodo della mia vita, ho spesso avuto il sogno di vivere in un’isola. I significati più comuni che si danno a questo sogno sono due: il bisogno di solitudine e il desiderio di tranquillità. Giuro che sono veri ambedue. Sono sicuro di far parte dei sostenitori della teoria secondo la quale i sogni sono dei messaggi che noi indirizziamo a noi stessi.

Non vi so dire, come si ritiene comunemente, se un sogno di felicità sia… troppo bello per durare, ma nell’isola ci sono davvero e, da qui, voglio augurare, a ciascuno di voi, una buona notte, dei bei sogni ed un piacevole sonno.

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Alberto Nacci

Illustrazioni: “Sogni” di Alberto Nacci